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Lucia Giacani story: la fotografa di moda che ha stregato Vogue
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I suoi scatti magici sono apparsi anche su Vogue, il suo tocco ha reso immortali innumerevoli campagne del fashion system: è Lucia Giacani, la fotografa di moda che ha portato alla luce l’anima fashion di IZMEE, interpretandone le collezioni moda in uno shooting pieno di energia.  

Lucia Giacani è la mente e la mano di grandi successi nel campo della moda, realizzati con i maggiori brand e riviste internazionali: nonostante lavori sempre dietro la macchina fotografica, è perfettamente visibile in tutti i suoi shooting, in cui si legge la sua impronta creativa.

Abbiamo voluto ripercorrere con lei da dove nasce il suo talento, come l’ha coltivato e come è riuscita ad affermarsi: ci ha raccontato la sua storia, dalla Lucia Giacani bambina a quella di oggi, accompagnata dalla sua borraccia trendy IZMEE preferita.


Qual è il tuo primo ricordo con una macchina fotografica in mano?

Ho sempre avuto la passione per la fotografia fin da quando ero bambina. Mio padre per hobby scattava e sviluppava foto nella sua camera oscura: per me questa era una magia. I miei genitori intuirono la mia grande passione e mi regalarono una compatta, che per me diventava una sorta di diario con cui immortalavo tutto.


Quando hai realizzato che volevi trasformare una passione in lavoro?

È successo durante gli studi universitari a Roma, durante i quali ho frequentato la scuola statale di fotografia per lo sviluppo e la stampa della pellicola in bianco e nero, un po’ quello che faceva mio padre. In quel periodo passavo tutti i weekend liberi con un’amica ad organizzare shooting: compravamo al mercatino dei vestiti appariscenti e scattavamo in location particolari, come case abbandonate e vecchi edifici industriali.


Come hai mosso i primi passi nella fotografia di moda?

Dopo la parentesi a Roma, sono tornata nelle Marche, dove ho lavorato per un anno in uno studio fotografico, avendo l’opportunità di fare pratica sulla tecnica, come il fotoritocco.

Poi ho cominciato a lavorare da libera professionista e la passione per la moda e per quei vestiti che compravo nei mercatini continuava a bussare alla mia porta.

Allora ho preparato un portfolio con l’obiettivo di lavorare a Milano, la capitale del fashion system. Il sogno qui si è scontrato con la realtà: ho impiegato sei mesi per prendere tre appuntamenti con le redazioni dei magazine di moda!

Due di questi erano con Elle e D La Repubblica, due riviste importanti: tutt’oggi sorrido ripensando che, per quanto potesse essere interessante il mio stile, per loro non avevo un book professionale. Sarebbe stato un rischio affidarmi un incarico, perché non ero abituata a lavorare con uno staff di stylist, make up artist e hair stylist.


Ci racconti il tuo primo shooting?

Il terzo appuntamento che avevo preso a Milano era con Kult, una rivista indipendente che mi ha affidato la realizzazione di un editoriale.

In questo primo incarico ho lavorato con alcune stylist con cui poi ho mantenuto un rapporto sia lavorativo sia di amicizia. Furono proprio loro a spiegarmi come funzionava il mondo degli shooting di moda. Ad essere sincera non conoscevo nulla e anche per la ricerca della location mi sono dovuta affidare a qualcuno che mi consigliasse. Non esistevano i social network ma interpellai su FLICKR un altro giovane fotografo per individuare delle location abbandonate, in cui volevo ambientare il servizio: una di queste era l’ex stabilimento Innocenti di Milano, dove poi ho effettivamente realizzato il mio primo editoriale.

Il servizio andò benissimo, presi la palla al balzo e affittai una stanza per potermi trasferire a Milano.


A cosa ti ispiri nella tua fotografia?

La mia la fotografia è strettamente connessa ai lavori di altri fotografi, in primis Francesca Woodman, che realizzava degli autoscatti in location dismesse.

Avvicinandomi più al mondo della moda, potrei citare le composizioni colorate diGuy Bourdin, la dimensione onirica di Tim Walker, l’iperrealismo di Steven Klein, un certo tipo di fotografia che è protagonista su Vogue Italia.

Molti dei miei lavori partono dallo studio della scenografia di una location: mi innamoro del contrasto del colore, di un luogo che vedo. Anche la quotidianità gioca un ruolo fondamentale: l’ispirazione può nascere poi da un film, un articolo di cronaca, una passeggiata.


Un incontro che ha segnato la tua carriera.

Sicuramente quello con Elisabetta Barracchia di Vogue.

Ricordo che dopo i primi due anni a Milano sono riuscita a fissare un appuntamento con Vogue Italia, nello specifico con Vogue Accessory: l’incontro con Elisabetta è stato uno degli appuntamenti migliori di presentazione. Così è iniziata la mia collaborazione continuativa con la rivista che compravo fin da bambina e che ho sempre considerato come la Bibbia della moda.

Quello che vedevo fra quelle pagine era un altro mondo. Vogue era un punto di riferimento per la bellezza dell’immagine fotografica, che si discostava completamente da tutte le altre. Mi proiettava altrove, non solo per gli abiti, ma anche per le storie che venivano raccontate attraverso questi scatti. Era quello che facevo anch’io quando andavo nelle location abbandonate a scattare con degli abiti durante l’università.

Vogue è stata quindi la mia prima grande vetrina, mi ha permesso di crescere velocemente e creare altre relazioni. Ricordo che un mio scatto fu scelto come mono copertina per Vogue Accessory ed era la prima volta che Franca Sozzani approvava questa direzione: in precedenza infatti le cover erano costituite da collage di diverse immagini. Una grande soddisfazione, rafforzata dal fatto che quel servizio l’avevo realizzato con le persone che mi avevano guidata e spinta agli inizi della mia carriera.


Cosa ti affascina di più del mondo della moda?

Ci sono le collezioni dell’alta moda, che sono opere d’arte.

E poi ci sono le immagini fotografiche, che sono in grado di farmi proiettare in un sogno, evadere dalla routine. C’è questa capacità di far sognare dietro al mondo della moda, una magia che mi ha catturata fin da piccola, quando viaggiare con la fantasia era la normalità.


Vivi a contatto quotidianamente con la moda: quali saranno secondo te i trend che emergeranno nel prossimo futuro?

C’è una tendenza ecologica in assoluto: ce l’ha dimostrato anche Prada, che nell’ultima stagione ha rinunciato alla pelliccia animale.

Un’altra osservazione è che la moda si rivolge sempre più ai giovani. Tanti sono i brand, come Bottega Veneta e Balenciaga, che hanno rivisitato i propri loghi per essere più comprensibili proprio a un target più giovane. Lo conferma la tendenza streetwear, che viene proposta da tutti i marchi, perfino Valentino, e che secondo me rimarrà per altri dieci anni.

Per quanto riguarda i colori, accanto ad una palette pastello, con il ritorno degli anni ’80 è emerso anche il colore fluo.


Nel mondo degli accessori hai lavorato allo shooting di izmee: cosa ti ha colpito dell’esperienza?

Del mio lavoro amo molto la direzione artistica, il pensare come dare forma al progetto. Con IZMEE questa parte ha potuto esprimersi al meglio: la cosa che mi è piaciuta tantissimo è stata proprio la fiducia verso la mia figura a tuttotondo.

Nel servizio fotografico ho potuto proporre la strada creativa per la realizzazione degli scatti: spesso succede che questo aspetto venga frenato o imposto, con IZMEE invece sono stata spronata a non frenarmi, a liberare la mia creatività.

Mi hanno colpito molto anche la mole di lavoro che c’è dietro il progetto IZMEE, la qualità del prodotto, la velocità con cui si è arrivati al risultato.


La tua bottiglia izmee preferita è…?

Sono veramente indecisa, una non basta perché il nostro modo di essere e l’umore possono cambiare di giorno in giorno. Credo però che la mia borraccia moda preferita rimanga IZ_FULL: la sua semplicità monocromatica è molto vicina al mio stile e risulta facile da abbinare in ogni situazione.

In secondo luogo, IZ_FULL è legata ad una della foto che amo di più del servizio fotografico: quello che sembra uno scatto semplice era in realtà quello più elaborato, per cui sono state necessarie più di tre ore di preparazione solo per dipingere la modella protagonista. Quando guardo il risultato mi piace anche il contrasto tra la complessità dello scatto e l’essenzialità della bottiglia.